Cyberbullismo: male contemporaneo

In una società dove emozione e comunicazione sono delegati troppo spesso al contenuto di uno schermo, anche la violenza diventa una sostanza virtuale, apparentemente irreale, in realtà senza barriere, cioè capace di raggiungere tutti, specie i più indifesi.

È di qualche tempo fa la notizia del suicidio di Carolina, ragazza quattordicenne di Novara che decise di farla finita a seguito di episodi di bullismo interattivo. Ma cos’è il cyberbullismo?
Da sempre abbiamo avuto a che fare con il classico bullismo soprattutto all’interno delle aule scolastiche. Abbiamo imparato a conoscerlo e abbiamo provato a gestirlo a volte con successo altre volte meno. La differenza con l’attualità è legata allo sviluppo informatico e in particolare con l’avvento di social network che lo hanno reso alla portata dei più piccoli. In particolare, attraverso i cellulari, i ragazzi hanno la possibilità di connettersi costantemente e di condividere con il mondo internet contenuti multimediali come fotografie, video e audio. Fin qui nulla di male anche perché tutto questo è solo una nota positiva dato che l’intera economia è basata sulla condivisione di informazioni sulla piattaforma informatica. Il problema nasce quando, nelle mani di ragazzini non curanti del significato di privacy, viene utilizzato nella maniera più sbagliata: fare i bulli. Essere un “bullo” significa avere un comportamento violento attraverso intimidazioni, molestie verbali, aggressioni fisiche e persecuzioni nei confronti dei propri compagni ritenuti più deboli a seguito di discriminazioni etniche, sessuali, religiose ecc. In genere tali comportamenti provengono da un gruppo a discapito di un singolo il che rende l’atto ancor più vile. Quando si accosta il concetto di bullismo a quello di internet ecco che nasce il cosiddetto “cyberbullismo” ovvero il bullismo con l’utilizzo di internet. Tutto questo dunque porta alla conseguenza che un atto già di per sé orribile venga messo alla portata di un “pubblico” decisamente più vasto con effetti per chi subisce l’atto che non possiamo nemmeno immaginare come nel caso del triste esempio di Carolina.
È evidente che i ragazzi apprendono molto più facilmente i meccanismi tecnologici rispetto agli adulti.
Dunque, come possiamo difendere i nostri figli dal cyberbullismo?
Sicuramente, avendo considerato l’importanza di internet, il proibizionismo di certo non è il metodo di difesa più giusto. Al contrario, è importante che i ragazzi abbiano le competenze e le conoscenze per utilizzare i mezzi informatici. Neanche imparare ad utilizzare internet solo con lo scopo di controllare/spiare i propri figli è la cosa giusta da fare perché potrebbe non essere un metodo efficace e al contrario potrebbe provocare una reazione di chiusura da parte del proprio figlio. Quello che manca è la cultura del corretto utilizzo del mezzo tecnologico. Per questo motivo seguire i propri figli rimane anche in questo caso il comportamento più adatto al fine di evitare situazioni spiacevoli. Seguirli significa monitorare i comportamenti, mantenere una costante comunicazione, informarsi attraverso i loro discorsi di ciò che vivono e delle sensazioni che provano. Tale rapporto ovviamente non può nascere dal nulla quindi converrebbe partire da subito e cercare di mantenere questa buona abitudine. Se questo non è avvenuto non bisogna darsi per vinti e occorre ripartire da poco e pian piano arrivare ad avere la giusta comunicazione genitore-figlio. Fidarsi del proprio figlio è giusto ma deve avvenire con un lavoro costante giorno dopo giorno.